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Brilla una nuova stella nel cielo del GAL Hassin

Si chiama GALVAR1 la prima variabile, fino ad oggi non conosciuta, scoperta dai ricercatori del GAL Hassin

Da circa un anno il GAL Hassin è impegnato attivamente nell’osservazione di transiti di pianeti extrasolari all’interno del progetto ExoClock (www.exoclock.space). Lo scopo è monitorare stelle attorno a cui orbitano uno o più pianeti e osservarle nel momento in cui uno dei loro pianeti passa davanti al disco stellare (definito “transito planetario”). In questo modo si possono definire con precisione i tempi di inizio e fine di ciascun transito, che risulteranno poi fondamentali per il successo della futura missione ARIELAtmospheric Remote-sensing Infrared Exoplanet Large-survey, che partirà nel 2028 e che avrà il compito di analizzare la composizione delle atmosfere esoplanetarie durante tutto il transito. Il 9 agosto 2020 Carmelo Falco, con il telescopio Galhassin Robotic Telescope 2 (GRT2), stava osservando il transito dell’esopianeta HAT-P-6b.

L’osservazione è stata condotta per cinque ore a partire dalla mezzanotte, producendo un set di 700 immagini da 30 secondi, acquisite con filtro R (si veda una di queste immagini, qui sopra, dove con il cerchio rosso è indicata la stella studiata). Ciascun puntino bianco è una stella, catturata all’interno di un’area di cielo delle dimensioni di 40×40 arcmin: appena più grande del disco della luna piena.

Il monitoraggio del transito ha permesso di ottenere la curva di luce e i dati sono stati accettati e pubblicati sul sito ExoClock.

Curva di luce che rappresenta la variazione di luminosità della stella madre HAT-P-6 durante il transito dell’esopianeta HAT-P-6b. Crediti: GAL Hassin/Carmelo Falco.

“All’interno del campo di vista del telescopio, oltre alla stella in questione, vi erano centinaia di altre stelle che, essendo state osservate ininterrottamente per 5 ore, avrebbero potuto mostrare una luminosità variabile nel corso del tempo” racconta Carmelo Falco. “Quel giorno, l’intero set di 700 immagini è stato analizzato insieme ai collaboratori del 3ZObservatory (www.3zobservatory.com) Giorgio Mazzacurati e Paolo Zampolini, utilizzando avanzate tecniche di riconoscimento delle variazioni nella luminosità degli astri che si avvalgono del confronto con altre stelle di riferimento nel campo. Tale metodo è chiamato “fotometria differenziale”. L’analisi è stata in grado di identificare 11 stelle variabili, 10 delle quali già note. La conferma di queste sorgenti note (e delle loro caratteristiche fisiche) è stato un ottimo test per verificare l’affidabilità del procedimento sull’intero set”.

L’undicesima variabile è risultata essere una stellina di magnitudine V=11.83 nella costellazione di Andromeda, alle coordinate (J2000) RA=23:39:36.81 e DEC=+42:34:51.7, distante circa 4500 anni luce dalla Terra e, apparentemente, non classificata come variabile nei cataloghi noti (come AAVSO, GCVS, GAIA).

Variazione di luminosità della stella variabile scoperta con il GRT2 e denominata GALVAR1. Crediti: GAL Hassin/Carmelo Falco

“Per poter confermare questo risultato” spiega Carmelo Falco “si è quindi proceduto ad effettuare una seconda osservazione, la sera stessa, con il Galhassin Robotic Telescope (GRT1) e il GRT2, utilizzando il filtro luminanza e pose da 120 secondi. Questo ha generato un set di quasi 250 immagini, in grado di coprire un arco temporale di circa 7 ore consecutive. Osservazioni analoghe sono state ripetute in maniera indipendente da Danilo Sedita, dell’Osservatorio Castrofilippo, la sera successiva, il 10 settembre, usando un filtro fotometrico in banda V. L’analisi dei nuovi set ha confermato la variabilità della stella e le sue proprietà, caratterizzate da un periodo di 1 ora e variazioni di luminosità di 0.02 magnitudini”.

Il campo della stella variabile scoperta (in verde), e le stelle usate come confronto (in rosso). Crediti: GAL Hassin/Alessandro Nastasi.

La così “rapida” variazione della luminosità di questa stella è sfuggita agli occhi delle grandi survey di telescopi terrestri e spaziali che, generalmente, tendono a scandagliare il cielo ritornando su una stessa regione (e quindi sulla medesima stella) solo dopo alcune ore permettendo alla strumentazione del GAL Hassin di catturare la sua “peculiarità”.
I risultati sono stati inviati all’International Variable Star Index dell’American Association of Variable Star Observers (AAVSO – VSX), contenente più di 2 milioni di stelle variabili, e la nuova stella variabile è stata confermata tale, entrando nel catalogo con il nome di GALVAR1, il 28 settembre 2020, dove GAL sta per GAL Hassin e VAR1 si riferisce a VARIABLE 1, la prima variabile, fino ad oggi sconosciuta, scoperta dai ricercatori del GAL Hassin.

GALVAR1 è una variabile appartenente alla classe Delta Scuti, stelle giganti e relativamente giovani che, a causa di instabilità nella loro atmosfera, sono soggette a pulsazioni radiali che generano una variazione ciclica della loro luminosità, con periodi anche di frazioni di ora. In particolare, GALVAR1 è una stella con un raggio di circa 3 volte e mezzo quello solare, e una luminosità quasi 30 volte maggiore. Bisogna ricordare infine che le stelle della classe Delta Scuti sono strumenti importanti per la stima delle distanze interstellari in quanto, così come le stelle Cefeidi, rappresentano delle “candele standard”: stelle, cioè, per le quali è possibile conoscere la magnitudine assoluta e, confrontandola con quella apparente, stimarne quindi la distanza dalla terra. Per le stelle Delta Scuti e Cefeidi, in particolare, la magnitudine assoluta è fortemente correlata al “periodo di pulsazione”, che può essere osservato e misurato direttamente.

Per il GAL Hassin questa scoperta rappresenta un traguardo in un nuovo ambito di ricerca, dopo il monitoraggio degli asteroidi pericolosi per il nostro pianeta, i cosiddetti Near-Earth Objects, (NEOs) e la caratterizzazione dei transiti di esopianeti noti. “Per ciascuno di questi ambiti” racconta Alessandro Nastasi del GAL Hassin “Carmelo Falco ed io stiamo sviluppando protocolli che permetteranno il pieno sfruttamento delle potenzialità scientifiche del Wide-field Mufara Telescope (WMT), un telescopio innovativo, disegnato e realizzato dalla ditta Officina Stellare, e già installato sulla cima di Monte Mufara a 1865 metri.

Il WMT è un telescopio “a grande campo” e, in ciascuna immagine prodotta, è in grado di osservare una porzione di cielo con un’area pari a 25 lune piene: quindi 25 volte più grande del campo del GRT2 nel quale è stata scoperta GALVAR1.

Il Wide-field Mufara Telescope, il Telescopio a grande campo del GAL Hassin. Crediti: Officina Stellare.

Inoltre, essendo un telescopio 16 volte più rapido nella raccolta del segnale rispetto al GRT2, il WMT garantirà una probabilità di almeno 400 volte superiore nello scoprire stelle variabili del tipo di GALVAR1”.

Il campo di vista del WMT pari a 5×5 lune piene. Crediti: GAL Hassin /Alessandro Nastasi

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