di Corrado Lamberti, astrofisico e divulgatore scientifico
Si trova al centro di 47 Tucanae; è massiccio migliaia di volte il Sole.
Nei nuclei di quasi tutte le galassie gli astronomi trovano un buco nero di grandissima massa (centinaia di milioni o anche miliardi di masse solari) tanto più gigantesco tanto più grossa e ricca di stelle è la galassia che lo ospita; si ritiene che sia il germe attorno a cui si è aggregato e strutturato il sistema stellare. Lontano dal nucleo, sparsi qua e là tra i bracci delle spirali, trovano invece piccoli buchi neri che sono cadaveri stellari, ossia quel che resta dopo che giovani stelle giganti, esaurito il combustibile nucleare, implodono ed esplodono come supernovae. Le loro masse sono esigue, dell’ordine di qualche decina di masse solari.
Curiosamente, finora non è mai stato osservato con assoluta certezza un buco nero di massa intermedia, diciamo di qualche migliaio di masse solari, il che è quantomeno singolare: quelli supermassicci nel centro delle galassie, che tali sono diventati per il progressivo accrescimento di materia, devono pur avere attraversato nella loro evoluzione una fase intermedia. Non si nasce adulti, né si passa di colpo dalla culla alla pensione: per noi viventi è così e non si capisce perché la regola non debba valere anche per i corpi celesti.
Né si creda che non troviamo buchi neri di massa intermedia perché non li cerchiamo. Al contrario, le ricerche sono assidue, ma i risultati scarsi. Una delle più recenti scoperte – comunque da confermare, perché le evidenze non sono chiarissime – è stata annunciata tre anni fa nei riguardi della vicina galassia M82, ove ricercatori dell’Università del Maryland avevano rivelato in una sorgente di raggi X certe caratteristiche oscillazioni di flusso che potevano suggerire la presenza di un buco nero di alcune centinaia di masse solari. L’anno dopo, lo stesso gruppo aveva annunciato un’altra scoperta nella galassia NGC 1313, sulla base di analoghe ripetizioni periodiche di brillamenti nei raggi X, questa volta imputabili a un buco nero di qualche migliaio di masse solari. Tuttavia, anche in questo caso niente di assolutamente sicuro.
E nella nostra Galassia, dove si concentrano le ricerche degli astronomi? Naturalmente in ambienti con una densa popolazione stellare: quindi, preferenzialmente negli ammassi globulari perché è ben noto che la configurazione del loro campo gravitazionale tende a richiamare le stelle più massicce verso il centro, mentre quelle nane vengono sospinte all’esterno e segregate in periferia. Così, nel centro congestionato dovrebbero essersi ripetuti abbastanza frequentemente gli incontri, gli scontri, le fusioni di stelle e la crescita di un oggetto collassato di grande massa.
Il 9 febbraio, sulla rivista Nature, è stata comunicata la possibile scoperta di un nuovo buco nero di massa intermedia in 47 Tucanae, il maestoso ammasso globulare distante 15mila anni luce dal Sole che si offre alla vista degli osservatori dell’emisfero meridionale e che raggruppa un milione di stelle in una sfera del diametro di soli 120 anni luce. Firmano l’articolo gli astronomi dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge, Mass.) che hanno tenuto sotto controllo il moto di due dozzine di pulsar presenti nell’ammasso.
Mentre è impossibile distinguere nel visuale, al telescopio, le singole stelle, che si affollano troppo densamente nelle regioni centrali di 47 Tucanae, è certamente più agevole monitorare nel tempo la posizione e la velocità delle pulsar, grazie alla loro ben riconoscibile emissione radio pulsata, delineando in tal modo una mappa della dinamica interna all’ammasso. Il confronto tra le osservazioni e i modelli teorici ha poi convinto i ricercatori di Cambridge che le posizioni inusualmente periferiche delle pulsar e le loro velocità particolarmente elevate sono l’effetto dell’azione perturbativa di un buco nero centrale con una massa compresa fra 1400 e 3700 masse solari. Una forchetta così larga la dice lunga sull’incertezza che è insita in questo tipo di studi.
Figura: L’ammasso globulare 47 Tucanae in una ripresa del Telescopio Spaziale “Hubble”. (NASA).