di Sabrina Masiero
Entriamo in una casa-laboratorio molto particolare. E’ la casa dove è nato il Radio. Sarebbe più corretto dire “dove è stato scoperto” il radio ma per i loro genitori, i coniugi Curie, il radio (oltre che il polonio) rappresentò un loro figlio.
Pierre e Marie Curie sono una coppia di scienziati famosa in tutto il mondo per le loro scoperte sulla radioattività.

Nell’immaginario collettivo Marie emerge dai vapori di diossido di uranio. È stata lei a mettere a punto il processo che permetterà di isolare sali di radio. Impiegò ben quattro anni per vedere il primo risultato.
Siamo sul finire del 1800-inizio 1900. Marie con un bastone in mano colpisce la pechblenda, un minerale di uranio. La composizione di questo minerale, la pechblenda, è ben noto ai ricercatori. Bisogna allora che l’elemento nuovo, che è sfuggito all’attenzione degli scienziati e alle analisi chimiche, sia veramente in piccolissime quantità! All’inizio i coniugi Curie pensano che la pechblenda contenga circa l’1 per cento della nuova sostanza. E invece, lo scopriranno nel corso degli anni e delle lunghe fatiche, che è il radio è la milionesima parte della pechblenda.

Con grandissima pazienza iniziano a lavorare la pechblenda con un metodo nuovo, di loro invenzione, basato sulla radioattività: separano tutti i corpi di cui si compone la pechblenda, dopo di che misurano la radioattività di ciascuno dei corpi ottenuti. Andando avanti per eliminazione, Pierre e Marie si rendono conto che la radioattività anormale si nasconde in certe parti del minerale. Un po’ come fanno i poliziotti quando devono analizzare un quartiere alla ricerca di un ladro: guardano tutti i vari edifici, fino a trovare la casa in cui si nasconde il ladro. Ma in questo caso, la radioattività si concentra soprattutto in due frazioni chimiche della pechblenda. Questo è il segno che vi sono due elementi distinti. Nel luglio 1898 annunciano la scoperta di una delle due sostanze, il polonio; nel dicembre 1898 della seconda, il radio.
La notizia della scoperta di due nuovi elementi scombussolano le teorie fondamentali alle quali gli scienziati sono incollati da secoli. Come si spiega l’emissione spontanea di radioattività da parte di alcuni elementi? Questa scoperta dà uno scossone al mondo intero sul concetto di materia.
L’atteggiamento dei chimici è particolare: un chimico crede all’esistenza di una nuova sostanza se non quando l’ha vista, l’ha toccata, l’ha pesata, esaminata, confrontata per mezzo di acidi, quando l’ha messa in un flacone e ne ha determinato il peso atomico. Fino a quel momento nessuno ha visto il radio. Nessuno conosce il peso atomico del radio. Niente peso atomico, niente radio. Per mostrare il polonio e il radio al mondo intero, per provare l’esistenza dei loro figli, il Polonio e il Radio, i coniugi Curie hanno veramente faticato quattro anni. E dalla Boemia (l’attuale Austria) si fanno arrivare tonnellate di pechblenda o meglio solo i residui, perché la pechblenda costa cara. I residui hanno un costo veramente irrisorio.

C’è un laboratorio alla scuola di Fisica dove Pierre insegna. Il laboratorio ha un cortile, dall’altra parte c’è un capannone abbandonato, il tetto a vetri è in una condizione pessima tanto da lasciar passare la pioggia.
In passato, la Facoltà di Medicina utilizzava questo locale come sala di dissezione, ma tanto tempo non è più il luogo adatto per ospitare i cadaveri. Non c’è neppure il pavimento. C’è catrame screpolato. Per mobilio, qualche vecchio tavolo da cucina, una lavagna nera, una vecchia stufa che non funziona bene. D’inverno si gela: la stufa non tira. Marie si nasconde sotto strati di scialli e golfini; Pierre non si toglie più il suo mantello ed è con il corpo infagottato che continuano a maneggiare le fragili calotte delle bilance ultrasensibili e a riempire pagine e pagine di calcoli sui quaderni. D’estate, in quel capannone ci si cucina, letteralmente è un forno. Ma è il loro primo laboratorio.
Marie più tardi scrisse ricordando quei tempi:
Non avevamo denaro né laboratorio né aiutanti per condurre a termine questo compito importante e difficile. Era come creare qualcosa con niente, e se i miei anni di studentessa erano stati definiti da mio cognato come “gli anni eroici”, posso dire senza esagerazione che questo periodo fu, per mio marito e per me, l’epoca eroica della nostra vita in comune. Tuttavia, è in quell’orribile rimessa che trascorsero gli anni migliori e più felici della nostra vita, interamente consacrati al lavoro. Spesso preparavo sul posto il nostro pranzo, per evitare di interrompere qualche operazione particolarmente importante. Io passavo qualche volta l’intera giornata a rimestare una massa in ebollizione con un’asta di ferro grande quasi come me. Alla sera ero spezzata dalla fatica.
Nel 1902, dopo quarantacinque mesi che i Curie avevano annunciato l’esistenza del radio, Marie riesce a preparare un decigrammo, ossia 0,1 grammi, di radio puro e fa una prima determinazione del peso atomico della nuova sostanza, 226.
Il radio esiste. E pesa 226. Numero atomico 88.
Marie e Pierre si rifiutarono di brevettare le loro scoperte, rinunciando così anche alla possibilità di diventare ricchi, di poter costruire quello che sognavano da sempre: un loro laboratorio. Il loro obiettivo infatti non era quello di diventare ricchi, ma di lasciare il loro lavoro in dono agli scienziati di tutto il mondo in nome del progresso e della ricerca.
L’impatto del radio nella cultura del Novecento
Vorrei che il radio avesse un bellissimo colore, disse un giorno Pierre a Marie. Ma il radio ha qualcosa di più di un bellissimo colore: è luminoso, è spontaneamente luminoso. E la radiazione del radio è contagiosa. Contagiosa come un profumo, è impossibile lasciare un oggetto, una pianta, un animale, una persona vicino a un tubo di radio senza che acquistino immediatamente un’attività notevole. La polvere, l’aria della stanza, gli abiti sono radioattivi. L’aria del loro capannone diventa conduttrice.

Radioattività, sviluppo di calore, produzione di gas elio, autodistruzione spontanea. Dall’atomo immutabile ecco che ad ogni secondo il radio espelle atomi di gas elio proiettandoli all’esterno con una velocità enorme, il quale si trasformerà in un altro elemento.
Soltanto un grosso schermo di piombo può arrestare questi raggi insidiosi. Ed è per questo che tutti gli oggetti di Marie e di Pierre oggi si trovano in teche piombate. Anche i loro corpi sono stati avvolti in casse di piombo e si possono visitare al Pantheon a Parigi. Quando si visita la Cripta del Pantheon e si raggiunge la tomba dei Curie c’è un avviso posto all’esterno: quello di non fermarsi a lungo per il pericolo esposizione alle radiazioni. L’Istituto del Radio, oggi Institut Curie, voluto da Madame Curie a Parigi (un altro Istituto Curie si trova a Varsavia, nella sua città natale), è stato decontaminato per poter lavorare in tranquillità.
Le mani di Marie
Che parli o che ascolti, Marie si sfrega le dita. Le ha seriamente bruciate durante le operazioni che l’hanno portata a isolare sali di radio. La pelle non si è mai cicatrizzata del tutto. Dermatite, hanno diagnosticato i medici, il che non li ha portati a grandi risultati. Le cure non sono servite a niente. Le dita non smettono di darle prurito, e lei non smette di grattarsi.
Anche Pierre ha delle bruciature sulle mani, anche più gravi. Oltre agli esperimenti, fatti come nel caso di Marie su preziosi sali estratti dalla pechblenda, si è intenzionalmente spalmato sul braccio del bario radioattivo. L’esperimento è durato dieci ore. Una volta rimossa la sostanza, fu contentissimo di constatare che la pelle si era arrossata come per un colpo di sole. Cinquanta giorni dopo, i tessuti erano grigi, come morti. Scrisse subito una nota per L’Accademia delle Scienze:
Le estremità delle dita che hanno maneggiato tubi e capsule contenenti prodotti radioattivi diventano dure e a volte doloranti: per uno di noi (e questo è Pierre) l’infiammazione ai polpastrelli è durata circa quindici giorni e si è conclusa con la caduta della pelle. Ma il rossore e il dolore sono scomparsi del tutto soltanto dopo due mesi.
Marie e Pierre studiano il radio e alla fine hanno dimostrato che distrugge le cellule. In modo opportuno, distrugge le cellule maligne. Grazie all’emanazione del radio, si comincia a curare il lupus, alcuni tipi di cancro.
Il radio è utile!
Pierre Curie morirà il 19 aprile 1906, lasciando due bambine piccolissime (Eve Denise di 16 mesi, era nata il 6 dicembre 1904, Irene di 8 anni e mezzo, nata il 12 settembre 1897) e una vedova distrutta. Pierre viene travolto da una carrozza, mentre attraversa la strada, il suo cranio viene letteralmente schiacciato dalla ruota posteriore. I diari di Marie sono strazianti. Per un anno, continuerà a raccontarsi e a raccontare in queste pagine che senza Pierre si sente perduta. È un modo per farsi coraggio e andare avanti.

Il peccato di Marie, per quel tempo, era quello di essere una donna emancipata: donne di questo genere erano considerate, da entrambi i sessi, una minaccia. Marie che non era più solo l’assistente di Pierre, come la descriveva e la voleva la stampa, ma era una scienziata capace di salire da sola i gradini dell’Olimpo della Ricerca.
La colpa più grande forse fu quella di aver voluto sempre scegliere. Voleva decidere da sé della sua vita, sia sul fronte scientifico che su quello privato. Forse, per questo uno dei suoi ultimi discorsi pubblici, prima di morire, sarà dedicato alla libertà:
Proprio questa è la bellezza e la nobiltà della scienza: l’inestinguibile desiderio di ampliare le frontiere del sapere, di braccare i segreti della materia e della vita senza avere idee preconcette sulle loro eventuali ripercussioni.
Ringraziamo Sinergie D’Arte e la Prof.ssa Maria Gabriella Ciaffarini per l’invito al Pi Greco Day e per la splendida collaborazione che continua da alcuni anni. Ci saranno altre sorprese nei prossimi mesi!